Terza Mostra del Nuovo Cinema Italiano a Zagabria
Programma del Festival:

lunedì 10 novembre – ore 20,30
IL PRIGIONIERO (12’) e ISIDORO (13’) – ospite regista Davide Del Degan e attore Lorenzo Acquaviva
PRANZO DI FERRAGOSTO (75’) – ospite regista/attore Gianni Di Gregorio
martedì 11 novembre
ore 19,00 – COVER BOY (93') di Carmine Amoroso
ore 21,00 – BIANCO E NERO (104') di Cristina Comencini
mercoledì 12 novembre
ore 19,00 – VOGLIAMO ANCHE LE ROSE (85') di Alina Marazzi (documentario)
ore 21,00 – UNA NOTTE (91') - ospite regista Tony D'Angelo
giovedì 13 novembre
ore 19,00 – LA VERA LEGGENDA DI TONY VILAR (92’) di Giuseppe Gagliardi
ore 21,00 – LASCIA PERDERE JOHNNY (104’) di Fabrizio Bentivoglio
venerdì 14 novembre
ore 19,00 – TUTTO TORNA (81') di Enrico Pitzianti
ore 21,00 – OSSIDIANA (100') - ospite regista Silvana Maja
sabato 15 novembre
ore 19,00 – CIMAP! CENTO ITALIANI MATTI A PECHINO (82’) ospite regista Giovanni Piperno
ore 21,00 – LA RAGAZZA DEL LAGO (95') di Andrea Molaioli

Cinema Tuškanac - Tuškanac 1, Zagabria

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Organizzato da: Federazione Italiana Circoli del Cinema - Circolo Lumière/Trieste - Associazione Croata dei CineCulb - Istituto Italiano di Cultura di Zagabria
Con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia e della Provincia di Trieste
Con il patrocinio della Provincia di Trieste

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Treća smotra suvremenog talijanskog filma
Program Festivala:

OTVORENJE – ponedjeljak, 10. studeni – 20,30 h
ZATVORENIK (12’) i ISIDORO (13’) – gosti redatelj Davide Del Degan i glumac Lorenzo Acquaviva
BLAGDANSKI RUČAK (75’) – gost redatelj/glumac Gianni Di Gregorio
utorak ,11. studeni
19,00 h – FOTOMODEL (93'), redatelj: Carmine Amoroso
21,00 h – BIJELO I CRNO (104'), redatelj: Cristina Comencini
Srijeda, 12. studeni
19,00 h – ŽELIMO I RUŽE (85'), redatelj: Alina Marazzi (dokumentarac)
21,00 h – JEDNE NOCI (91'), - gost redatelj Tony D'Angelo
Četvrtak, 13. studeni
19,00 h – ISTINITA PRIČA O TONYU VILARU (92’), redatelj: Giuseppe Gagliardi
21,00 h – PUSTI TO JOHNNY (104’), redatelj: Fabrizio Bentivoglio
Petak, 14. studeni
19,00 h – SVE SE VRACA (81'), redatelj: Enrico Pitzianti
21,00 h – OPSIDIJAN (100'), gost redatelj: Silvana Maja
Subota, 15. studeni
19,00 h – STO LUDIH TALIJANA U PEKINGU (82’), gost redatelj Giovanni Piperno
21,00 h – DJEVOJKA SA JEZERA (95'), redatelj: Andrea Molaioli

Kino Tuškanac - Tuškanac 1, Zagreb
O'cangaçeiro - Il brigante
(O'cangaçeiro) Brasile, 1953 – B/N - 105 min.
di Victor de Lima Barreto
con: Alberto Ruschell, Marisa Prado, Milton Ribeiro, Ricardo Campos, Vanja Orico

Galdino Ferreira, capo di una banda di malviventi, mette sottosopra la regione del Nordeste brasiliano. Nel corso di una delle tante scorribande Galdino prende in ostaggio Oliva, una giovane maestra che l'ha affascinato con la sua bellezza. Teodoro, luogotenente di Galdino, che non approva questo atto di prepotenza verso una donna, la libera e si allontana con lei. Accortosi della fuga dei due, il bandito mette sulle loro tracce i suoi uomini.
Barreto con questa opera prima vinse la Palma d'oro al festival di Cannes (miglior film d'avventura), mescolando temi dichiaratamente western con argomenti della storia nazionale. La colonna sonora, ai tempi, riscosse un enorme successo.
(FILM TV)

Nordest del Brasile agli inizi del Novecento. La banda di Galdino Ferreira rapisce una maestra di cui s'innamora Teodoro, luogotenente di Galdino, e fugge con lei. Epilogo tragico. Primo film a soggetto del documentarista V. de Lima Barreto (1906-82), fu premiato a Cannes come miglior film d'avventura e migliore colonna sonora (di Gabriel Migliori; la canzone “Mulher Rendeira” ebbe successo mondiale). Indeciso tra storia e leggenda, un po' folcloristico, psicologicamente rozzo, ma la galleria delle facce, la bellezza dei paesaggi, la suggestione delle musiche, un senso primitivo dell'epica ne fanno un'opera magnificamente datata, come tutti i film al passo con la storia del cinema. Conosciuto anche con il titolo Il brigante.
(Il Morandini – Zanichelli Editore)

(…) Da un punto di vista cinematografico, il cangaço ha avuto diverse rielaborazioni. Senza ombra di dubbio, una delle più famose è O’ Cangaceiro di Lima Barreto. Tuttavia, questo film prodotto dalla Vera Cruz presentava una serie di imprecisioni, come per esempio il fatto che i cangaçeiros, sul modello dei western nordamericani, erano presentati a cavallo e non a piedi.
(Gian Luigi De Rosa; da: MUSIBRASIL n.7 - 2005)

Victor de Lima Barreto (San Paolo, 1906 – Campinas, 1982)
Personalità difficile e contraddittoria, inizia la carriera firmando due documentari d’arte (Painel, Pannello, 1951; Santuario, 1952), il secondo dei quali, dedicato alle opere dello scultore barocco Aleijadiño, viene presentato a Venezia, consentendogli di debuttare nel lungometraggio. Gira così Il brigante (1953, premiato al Festival di Cannes del 1954), in cui mescolando western e storia del Brasile racconta le gesta del bandito anarcoide Galdino Ferreira, che infestava il Nordeste del Brasile agli inizi del Novecento. Nel 1961 gira A primeira missa (La prima messa), storia della vocazione religiosa di un ragazzino, senza però riuscire a ripetere il sucesso del film precedente.
(Le Garzantine – Cinema. A cura di Gianni Canova)



Il dio nero e il diavolo biondo
(Deus e o diabo na terra do sol) Brasile, 1964 – B/N – 115 min.
di Glauber Rocha
con Mauricio Do Valle, Geraldo Del Rey, Iona Magalhaes, Lydio Silva, Milton Rosa, Antonio Pinto, Marrom, Joao Gama, Sonia Dos Humildes, Othon Bastos

Nel sertão delle siccità, verso il 1940, un contadino e la moglie si ribellano al loro stato, e dapprima si aggregano a un santone ("beato") dagli accenti apocalittici, poi a un bandito ("cangaçeiro"), ma i due sono uccisi da un "killer" assoldato dai padroni, e le loro rivolte falliscono. Come esprimere la cultura autentica del Brasile? "La fame, lo sradicamento culturale, danno origine a personaggi nuovi, a una morale nuova, che impongono forme nuove. Mi è impossibile presentare il cangaço come eroe di western, impossibile utilizzare le stesse inquadrature, impossibile. Deus e o Diabo e il più bel film di montaggio". Rocha, giovanissimo regista alla sua seconda opera, ha "inventato" in questo modo una forma nuova per un racconto nuovo secondo un'estetica che egli chiama "della violenza". Film affascinante e terribile, Deus e o Diablo è il più bel film del "nuovo cinema" brasiliano, barocco e delirante, sfrenato e straziante, mosso e angoscioso, costruito come una "chanson de geste" originale, che sa servirsi della lezione di Ejzenštejn filtrata attraverso quella di Buñuel e molte altre, e creare opera autonoma e originale.
(da: George Sadoul, Dizionario dei film, Firenze, Sansoni, 1968)

Nord-Est del Brasile 1940. Per sfuggire alla miseria e allo sfruttamento, il vaccaro Manuel e sua moglie Rosa si aggregano prima a un santone fanatico, il “beato” Sebastião, e poi al cangaçeiro (bandito) Corsico, ma entrambi sono uccisi da Antonio das Mortes, sicario al soldo dei padroni, e le loro rivolte falliscono. Una delle opere capitali del cinema nôvo brasiliano degli anni '60. Estetica della fame e del sottosviluppo, esaltazione (alla Frantz Fanon) della violenza, frenesia della narrazione convergono nel linguaggio surriscaldato di Rocha che sa fondere la poesia violenta di romanzo nordestino, percorsa da grandi passioni e forze primordiali, con il dialettico meccanismo delle situazioni.
(Il Morandini – Zanichelli Editore)

Questo film segnò l’apogeo del «cinema nòvo» brasiliano, un movimento che raggruppava cineasti indipendenti in rotta con la produzione nazionale, dedita ai melodrammi cantati («chanchadas»), per imporre al loro posto soggetti di impostazione rivoluzionaria trattati secondo un nuovo stile. Un cinema politico che non nasconde la sua ascendenza marxista, e che si svilupperà grazie alle riforme degli anni Sessanta. Glauber Rocha (1936-1981) fu uno dei più ardenti apostoli del movimento, e manifestò doti di virulento polemista sia nei film che negli scritti. Si dichiarava sostenitore di una cultura «in trance», che rifiuta la modernità occidentalizzante. Da Barra-vento (1961) a L’età della terra (1980), dimostrò una veemenza e uno slancio poetico-politico che coniugava in un patchwork un po’ stravagante le influenze del cinema sovietico, della letteratura dei cantastorie, del documentario sociale, del teatro simbolista e del western. La generosità dell’intento, il fervore quasi messianico del messaggio fanno di Rocha uno dei creatori più autenticamente barocchi del cinema contemporaneo (con il cileno Raul Ruiz, in tutt’altro registro).
(da: Claude Beylie, I capolavori del cinema, Vallardi, 1990)

Glauber Rocha (Vitória da Conquista, 1939 - Rio de Janeiro, 1981)
Glauber Rocha si impose come l'esponente più noto e originale del cinema nôvo brasiliano. Approdato al cinema dopo aver studiato legge e aver lavorato come giornalista e critico cinematografico, realizzò alcuni cortometraggi e nel 1962 portò a termine il suo primo lungometraggio, Barravento, un film su una comunità di pescatori di Bahia. E’ dell’anno successivo il saggio "Revisâo critica do cinema brasileiro", che anticipò il manifesto del movimento, “L'estetica della violenza” (1965). Con Il dio nero e il diavolo biondo (1964), Rocha conquistò attenzione in tutto il mondo. Nel 1967 uscì Terra in trance (Terra em transe), che definisce artisticamente la mutata coscienza politica del regista. L'attività cinematografica di Rocha proseguì in patria fino al 1969, quando fu costretto ad abbandonare il Brasile per la severa censura governativa seguita al colpo di stato militare. Tutto questo non prima che il regista realizzasse il suo quarto lungometraggio (il primo a colori): Antonio das Mortes, premiato a Cannes nel 1969. Nel 1970 girò in Congo Il leone a sette teste (Der leone have sept cabeças) , satira sul colonialismo europeo, presto seguito da Cabezas cortadas, realizzato in Spagna nello stesso anno. Nel 1972, in piena esplosione in Brasile del “cinema marginal”, portò a termine un film di montaggio sulla cultura e la storia del proprio paese, A historia do Brasil (1975). Per la Rai, in Italia, girò Claro (1975), con Juliet Berto e Carmelo Bene. Alla fine del decennio ritornò in Brasile, suscitando non poche polemiche negli ambienti di opposizione: dai "marginali" fu infatti accusato di doppiogiochismo col regime militare. Nel 1977 creò un documentario, Di Cavalcanti, grande opera lirica dedicata ai funerali di un pittore brasiliano. La sua ultima pellicola fu A idade da terra (1979), che portò al Festival di Venezia ottenendo pochi, anche se accesi, consensi dalla critica. Rocha fu anche attivissimo in TV col programma "Abertura" (1979, TV Tupi), di grande impatto sul pubblico. Tra le sue tante collaborazioni, lo ricordiamo produttore di A grande feira (1961) di Roberto Pires, Imagens da terra e di povo (1962) di Orlando Senna, Menino de engenho (1965) di Walter Lima Junior, A grande cidade (1966) di Carlos Diegues, Brasil ano 2000 (1969) ancora di Walter Lima Junior. Fu inoltre sceneggiatore di A garota de Ipanema (1967) di Leon Hiszman, attore in Vento dell'est (1969) di Jean-Luc Godard e in Tatu Bola (1971). Nel marzo del 1981, mentre era in Portogallo per una retrospettiva dei suoi film, venne ricoverato in ospedale per problemi broncopolmonari. Morì il 22 agosto dello stesso anno, poco dopo il suo trasferimento in una clinica di Rio de Janeiro.


Il Cinema Nôvo brasiliano
Corrente del cinema brasiliano. Storicamente, si tratta del terzo momento autonomo e significativo di quella cinematografia, da sempre colonizzata, dopo la cosiddetta belle époque delle origini (3-4 anni, a partire dal 1908) e le farse degli anni '40. Tra i precedenti del cinema nôvo si può annoverare un numero ristretto di film sulla vita popolare nelle aree urbane, realizzati a Rio e São Paulo in seguito agli entusiasmi per il neorealismo italiano. Altri riferimenti furono le nouvelles vagues europee, mentre la pratica autoctona della farsa per lo schermo costituì oggetto di opposizione, alla pari del cinema di Hollywood. Nato nel 1962-63, con centro a Rio de Janeiro, il cinema nôvo ebbe una parabola storica brevissima. Tendenzialmente, si inserì in una più vasta corrente di rinnovamento della cultura brasiliana, che riguardava anche la musica, la letteratura, il teatro e le scienze sociali. Come accadeva per le altre forme espressive, il cinema nôvo vide una larga partecipazione di giovani intellettuali che, decisi a rifiutare il ruolo loro assegnato dal neocolonialismo, desideravano trasformarsi da classe dirigente in interpreti del popolo sottosviluppato e oppresso. Il movimento fu, tuttavia, molto differenziato: non si configurò come una 'scuola', né espresse atteggiamenti omogenei in campo ideologico o linguistico. Nella sua eterogeneità, ebbe comunque un maestro riconosciuto in Luis Nelson Pereira dos Santos, il cui Rio 40 graus (Rio 40 gradi, 1955) assunse valore esemplare come prototipo di una cinematografia nazionale e popolare. Il successivo Vidas secas (Vite secche, 1963) usava un linguaggio quasi documentario per ambientare nella desolata siccità del sertão la vicenda di una famiglia contadina.
La personalità di punta doveva essere però quella di Glauber Rocha, il cui cinema raggiunse una fama a livello internazionale. Uno sguardo antropologico caratterizzava il suo primo lungometraggio, Barravento (1962), incentrato su una comunità di pescatori di Bahia. Seguirono il barocco Deus e o Diabo na Terra do Sol (Il dio nero e il diavolo biondo, 1964), Terra em transe (Terra in trance, 1967) e O Dragão da Maldade contra o Santo Cuerreuo (Antonio das Mortes, 1969), saga allegorica di un uccisore di cangaceiros in rivolta contro i propri mandanti. Quanto al contributo degli altri cineasti, bisogna ricordare almeno: Os fuzis (I fucili, 1964), girato da Rui Guerra in un villaggio del Nordeste brasiliano; A falecida (La morta, 1965) di Leon Hirszman, ambientato invece nei sobborghi di Rio; il cinema-verità di Joaquim Pedro de Andrade; i film sulla crisi dell'intellettuale borghese di Gustavo Dahl- O bravo guerreiro (Il guerriero coraggioso, 1968) -, e Paulo César Saraceni (O desafio (La sfida, 1965). E ancora i nomi di Carlos Diegues che partecipò al film collettivo Cinco vêzes favela (Cinque volte la favela, 1962) con cui il cinema nôvo compiva un notevole sforzo descrittivo della realtà brasiliana - L.S. Person, Walter Lima jr.
Nonostante il suo già sottolineato eclettismo espressivo - consapevole, del resto, nella teorizzazione di un cannibalismo culturale verso i prodotti intellettuali del mondo imperialista - il cinema nôvo si trovò a concordare su una esigenza di fondo. Cinema politico per eccellenza, esso si pose infatti come obiettivo la lotta contro il sottosviluppo culturale imposto al Brasile. Ne derivarono un deciso rifiuto dei compiacimenti folcloristici e una accentuazione di polemica terzomondista, ravvisabile nelle tematiche dominanti: la servitù e la fame del Nordeste; le sacche di emarginazione delle periferie urbane, il neocolonialismo della borghesia cittadina, con la sua dipendenza e le sue frustrazioni; i temi del tropicalismo, legati al recupero di una cultura autoctona. Su queste basi tematiche si istituivano i generi di una nuova cinematografia, dall'epico-storico all'etnografico, al film-inchiesta. Soprattutto, furono l'universo miserabile e mitico del sertão e la vita dei villaggi interni e costieri del paese a ispirare le storie più suggestive. Ripuliti dall'inclinazione melodrammatica che aveva nociuto al noto O cangaceiro (id., 1953) di Lima Barreto, i film del sertão espressero una potenza visionaria inconsueta, che colpì con violenza il pubblico, guadagnando al cinema nôvo una reputazione fuori dei confini brasiliani.
Ma premi e riconoscimenti internazionali non valsero a impedire che il cinema nôvo mancasse proprio il suo scopo principale. Mentre un'immagine inedita e sconcertante del Brasile si diffondeva nel mondo, infatti, nessun nuovo pubblico si formava nel paese d'origine di quel cinema, che restava confinato all'interno di una ristretta categoria intellettuale, sostanzialmente limitata ai cineasti.
La situazione strutturale affrontata dai giovani registi non era del resto facile né mancò il tentativo di istituire un sistema cinematografico alternativo a quello dei colonizzatori. Sull'esempio dell'antico esperimento di Alberto Cavalcanti, il cinema nôvo si curò anzi di intervenire in tutte le fasi del processo, partendo dalla produzione e attraverso la distribuzione, fino all'esercizio. Non si può dimenticare, tuttavia, che al fallimento del progetto di diffusione entro i confini brasiliani non fu estraneo un problema di natura comunicativa. Il tentativo di fondare un linguaggio cinematografico alternativo risultò, nonostante le relative analogie (una certa violenza espressiva comune a diversi registi, l'uso di materiali semantici eterogenei, il riferimento alla mitologia popolare, l'attitudine didascalica, ecc.) tutt'altro che organico. Conducendo il cinema a rappresentare la realtà nazionale in modo nuovo, i giovani cineasti si proponevano di elaborare un linguaggio nazionale e realistico, in cui il popolo brasiliano potesse riconoscersi. In realtà, il problema del cinema popolare fu interpretato come proposta individuale degli autori, e non superò generalmente il puro atteggiamento ideologico. Basterà per tutti l'esempio di Rocha, che veicola il suo recupero delle mitologie popolari attraverso un codice linguistico fortemente marcato dalla lezione 'brechtiana' di Godard.
Se un tale successo venne a mancare, non fu comunque solo per assenza di coordinamento o peccato di 'intellettualismo'. La corrente era nata da appena un paio d'anni, quando la sua parabola fu praticamente troncata dal colpo di stato militare del 1964. Con una nascita, un apogeo e un declino così rapidi, il cinema nôvo non ebbe la possibilità di elaborare un autentico progetto di cinema rivoluzionario. Già abituato a budget produttivi ridotti all'osso, si trovò costretto in condizioni economiche pressoché inagibili. Benché un piccolo spazio produttivo restasse ancora aperto tra l'anno del golpe e il 1968, i suoi limiti andavano restringendosi di giorno in giorno. Simili difficoltà, unite all'intervento della censura, determinarono la caduta di ogni progetto collettivo. La soppressione delle caratteristiche di movimento a favore di quelle individuali finisce, anzi, per essere adottata come via d'uscita dagli ostacoli politici. I registi si disperdono, seguendo ciascuno le proprie inclinazioni e materiali possibilità. Mentre una parte di loro risponde all'involuzione politica col battere vie più commerciali (Diegues) con l'intonare l'autocritica dell'intellettuale (Saraceni), qualcuno persegue una linea di coerenza in tono più sommesso (Pereira dos Santos). Altri infine, come Guerra e Rocha, lasciano il Brasile, alla ricerca di altri paesi dove realizzare i loro film.
(da: F. Di Giammatteo, Dizionario universale del cinema, Roma 1985)

Scheda realizzata dal CIRCOLO LUMIERE (affiliato FICC) in occasione della mostra “ARAUTOS DE SANTOS” di Roney Gorge e Gustavo Moreno – Trieste 15 – 25 novembre 2008
proiezione dei film domenica 16.11.2008 ore 18.30 – Magazzini Cornelia – P.za Cornelia Romana 3/a Trieste

http://circololumiere.blogspot.com/
NIRVANA
Regia e soggetto: Gabriele Salvatores
Durata: 114’
Genere: fantascienza

Il film è ambientato in un tentacolare scenario urbano a pochi giorni dall'uscita sul mercato di un nuovo videogioco, chiamato appunto Nirvana. E’ stato girato quasi interamente a Portello, vecchio stabilimento dell’Alfa Romeo di Milano. L'unica copia del gioco in possesso di Jimi Dini, suo programmatore, viene infettata da un virus che fa sì che il personaggio principale del gioco, Solo, prenda coscienza della propria esistenza.
Jimi incontra diversi personaggi, come Joystick, che conosce bene le periferie della città e lo aiuta a muoversi, oppure l’hacker informatico che li aiuterà nella loro impresa, Naima, ragazza dai capelli blu.
Nirvana è uno dei pochi film di fantascienza italiani, con un cast internazionale, ad utilizzare in modo massiccio effetti speciali generati al computer e a raccontare una storia ambientata nell'universo del cyberpunk.
Temi prevalenti delle sceneggiature di Gabriele Salvatores sono la fuga da una realtà che non si comprende o non si vuole accettare e della quale è inutile un proprio tentativo di cambiamento, la nostalgia del gruppo e il viaggio, inteso come privo di una predefinita destinazione. Nirvana segna l'inizio di un periodo di sperimentazione narrativa presente anche in Denti (2000) e Amnèsia (2002) che hanno entrambi Sergio Rubini come interprete.

NOTE:
Nel Buddhismo il nirvana è il fine ultimo della vita, lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore (duhkha) e viene definito in termini negativi: non è possibile affermare quello che è ma, piuttosto, quello che non è.
Nell'Induismo il nirvana indica l'estinguersi dei desideri mondani e la realizzazione della liberazione (mukti o moksa) dall'illusione (maya):
nel cap.6 intitolato “Lo yoga della meditazione” della Bhagavad Gita (testo n.15) "Lo yogi padrone di sé, la cui mente è totalmente sotto controllo, dedicandosi alla continua unione meditativa con lo Spirito, ottiene la pace del Mio essere: la liberazione (nirvana) finale”.

(a cura di Nuria Kanzian)
Cinema e Filosofia

Martedì 18 dicembre 2008 alle ore 17.00, presso il circolo culturale Ivan Grbec in Via di Servola 124, il Circolo del cinema Lumière e il Centro Promozione presentano per la rassegna “CINEMA E FILOSOFIA” il film di Gabriele Salvatores “NIRVANA”, con: Christopher Lambert, Diego Abatantuono, Sergio Rubini, Stefania Rocca, Emmanuelle Seigner, Silvio Orlando, Paolo Rossi, Claudio Bisio, Antonio Catania, Amanda Sandrelli.
GB, Francia, USA - 1989 – 114’.
Il film sarà presentato dalla Prof. Nuria Kanzian.
Disponibile scheda filmografica; al termine previsto il dibattito. Ingresso riservato ai soci; tesseramento all’entrata.
MOSTRA "ARAUTOS DE SANTOS", con film brasiliani


Gruppo Elica e Fabbrica delle Bucce,con la collaborazione del Consolato italiano di Salvador de Bahia e della Camera di commercio e industria Italo-Brasileira, Progetto Colors, Circolo Lumiere, Karakas bar sono lieti di invitarvi all'inaugurazione della mostra "Arautos de Santos" di Roney George e Gustavo Moreno
Sabato 15 novembre h 18.30-20.30 Clinica Psichiatrica Universitaria, via Paolo de Ralli 5 (Parco di San Giovanni), Trieste
dalle h22.00 Dj-set in Karakas Music Pub viale XX Settembre, 38 , Trieste
Domenica 16 novembreh 12.00-14.00 Magazzini Cornelia, piazza Cornelia Romana 3/a Trieste
a seguire dalle h18.30 Film: Dio nero, diavolo biondo di Glauber Rocha(1964) - O cangaceiro di Lima Barreto (1953)
La mostra proseguirà fino al 25 novembre con i seguenti orari :
Clinica Psichiatrica lun.-ven. h11.00-17.00
Magazzini Cornelia lun.-ven. h10.00-12.00 h16.00-18.00

Ispirati dal linguaggio stilizzato della Pop-Art, Roney George e Gustavo Moreno riordinando in modo personale il complesso sistema di simboli appartenenti al folklore e alla cultura popolare afro-brasiliana, esaltano il rapporto tra sacralità, tradizione e quotidiano attraverso una vitalità cromatica straordinaria e un profondo studio della materia e della tecnica mista.In questa mostra ospitata a Trieste nella Clinica Psichiatrica Universitaria all´interno del Comprensorio di San Giovanni e ai Magazzini Cornelia, i due artisti baiani espongono i ritratti delle personalità del loro tempo e della loro Bahia, in una sorta di resistenza figurativista attraverso grandi tele, sculture, e una vasta collezione di azulejos.
SOTTO LE BOMBE
(Sous les bombes)
Francia, Libano, Gran Bretagna, Belgio – 2007 – Durata 98'
Regia di Philippe Aractingi
Con Nada Abou Farhat, Georges Khabbaz, Rawia Elchab, Bshara Atallah, Bshara Atallay.

Meraviglioso, sconvolgente. Ci sono poche occasioni in questo mestiere in cui hai la sensazione di occuparti di qualcosa di davvero importante. Questa è una di quelle. Il regista franco-libanese Philippe Aractingi ci consegna un piccolo capolavoro. Stiamo parlando di film, di finzione, di un perfetto congegno narrativo in cui struttura, macchina da presa e attori si fondono completamente, abbandonandosi al mistero di un linguaggio composito come quello del cinema. Aggiungete uno sfondo completamente reale, e farete fatica a sollevarvi dalla poltrona a proiezione terminata. La storia di Zeina, madre alla ricerca del proprio figlio di sei anni tra le macerie di un Libano devastato nell’estate del 2006, è un road-movie in piena regola. Ma assieme al tassista Tony, la donna osserva dal finestrino di un taxi persone vere, fatti reali. Aractingi era lì, tra le rovine di un Libano martoriato, con i suoi due attori, straordinari. Liberi di mettere in scena una splendida sceneggiatura, mentre intorno a loro ogni cosa era terribilmente straziante e vera. C’è voluto del coraggio per girare “sotto le bombe” un film - ovvero: finzione - che ti intrappola per quasi due ore nella durezza di ciò che è realmente accaduto.
(Cristina Borsetti, “FilmTv”)

Il riferimento di Aractingi è quasi esplicitamente Rossellini di Germania anno zero, con la realtà che «invade» e permea la struttura della finzione: lì erano le macerie naziste in presa diretta, qui sono le bombe israeliane che fanno esplodere un paese in cui decenni di guerra civile (alla quale peraltro Israele non è stato estraneo, e non solo col massacro di Sabra e Chatila) hanno lasciato un'instabile fragilità. Macchina da presa in spalla, niente trucco né set costruiti, Aractingi si muove vicino ai suoi attori/personaggi, la sublime Nada Abou Farhat e Georges Khabbaz altrettanto efficace, rinchiusi nella stanchezza dell'angusta automobile o nelle stanze d'albergo che li obbligano all'intimità. Intorno a loro il mondo della guerra, quello che ci mostrano senza volto, ormai quasi dei «figuranti» i tg e l'informazione: profughi, giornalisti, militari, associazioni umanitarie... I piani scivolano l'uno nell'altro, i personaggi divengono persone, i gesti e le cose cambiano di senso: seduzione, potere, sesso, denaro sono prove di vita in mezzo alle rovine e al lutto, alla miseria di un'«economia della guerra» che non è solo questione di traffici ma è qualcosa che si imprime nel cuore, nella testa, che ha segnato intere generazioni. La scommessa di Aractingi comincia dalla rappresentazione, riguarda la sincerità possibile nel confronto con la guerra che sembra ormai formattata dalle immagini dominanti. «Documentando» la vita si trasforma in elemento narrativo ma questo non significa che il regista ne faccia un uso emozionalmente ammiccante. Non ci sono macerie e nemmeno cadaveri nel film, la forza del racconto è il suo pudore e la sua continua tensione all'onestà. (Cristina Piccino, “Il Manifesto”, 3 maggio 2008)

Breve incontro tra una donna sciita e un taxista cristiano, di simpatie israeliane: viaggiano verso il Libano del Sud da Beirut, distrutta dopo 33 giorni di guerra nell' estate 2006. Lei cerca il figlioletto che stava con la sorella, lui poco alla volta, dopo la comune iniziale diffidenza, espone i suoi drammi che non sono solo quelli di venir pagato. Vivranno insieme un road movie girato dal vivo nell' orrore di quella tregua che ha lasciato luoghi e coscienze distrutti, fino a un finale amaro. La domanda che si fa la donna (la brava Nada Abou Farhat) è se sia troppo chiedere il diritto di vivere: ottiene in cambio un caldo, casual rapporto umano (l' altro attore straordinario è Georges Khabbaz). «Sotto le bombe» è un bel «documentario» che non vuole fare sconti sulla tragedia declinata sui fattori umani, girato dal franco libanese Aractingi che inquadra volti di speranza in una terra martoriata, non ancora domata.
(Maurizio Porro, “Il Corriere della Sera”, 9 maggio 2008)
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POD PADAJOČIMI BOMBAMI
(Sous les bombes)
Francija, Libanon, Velika Britanja, Belgija- 2007
Trajanje: 98 min
Režija: Philippe Aractingi
Igrajo: Nada Abou Farhat, Georges Khabbaz, Rawia Elchab, Bshara Atallah, Bshara Atallay.

Čudovito, presenetljivo. Redki so trenutki v tem poklicu v katerih se ima občutek baviti se z nekaj res važnega. Ta je eden izmed tistih. Francosko-libanski režiser Philippe Aractingi nam podari majhno mojstrovino. Govorimo o filmu, o izmišljotini, o odlično dovršeni dramatični strukturi, v kateri se videokamera in igralci popolnoma spojijo v značilno filmskem zloženem stilu. Dodajte tu še popolnoma realno ozadje in boste ob koncu predvajanja le težko vstali s stola. Zgodba Zeine mati, ki išče šest letnega sina med ruševinami bombardiranega Libanona leta 2006 je pravi road-movie. A skupaj z voznikom Tonyijem opazuje skozi okno taksija renične osebe, resnične dogodke. Aractingi je bil tam med ruševinami trpečega Libanona s svojimi izrednimi igralci. Svobodni v vprizoritvi scenarija, medtem ko je bilo okoli niju vsaka stvar grozno resna. Bil je potreben pogum v snemanju «Pod padajočimi bombami«. Film- torej izmišljotina- ki gledalca začara za skoraj dve uri s krutostjo tega kar se je resnično zgodilo.
Cristina Borsetti, »Film Tv«

Očitno je da se Aractingi zgleduje po Rossellinijevim »Germania anno zero (Nemčija leto nič)« z resničnostjo ki vdere v dramatično strukturo filma: tam so bile ruševine nacizma, tu izraelske bombe v državi ki je po dolgi državljanski vojni v krhkem ravnotežju. Videokamera na rami, nič pripravljenih scen, in posebnih efektov; Aractingi se giblje okrog svojih igralcev, odlična Nada Abou Farhat in prav tako učinkovit Georges Khabbaz, v ozkem prostoru avtomobila ali v sobah hotela, ki jih primorajo na intimnost. Okolli niju tisti svet vojne ki nam jo televizija prikazuje skoraj brez obraza in človečnosti. Plasti se prekrivajo in prekrižajo, liki postanejo osebe, besede in stvari pridobijo drug pomen: zapeljevanje, denar, oblast, seks so dokazi življenja med ruševinami in smrtjo, med revščino ki je pronicala v duši ljudi.
Eksperiment Aractingija se začne s priredbo, in se tiče iskrenosti v prikazovanju vojne ki je v domišliji že postala standardna. Z dokumentiranjem življenje postane pripoved, ne da bi režiser pri tem pretiraval s čustvovanjem. V filmu ni mrličev in niti ruševin, moč pripovedi je v svoji tenkočutnosti in nenehnem iskanju resnice.
Cristina Piccino, »Il Manifesto«, 3 maj 2008

Kratko srečanje med sciitsko žensko in krščanskim voznikom taksija naklonjen izraelu: potujejo iz Beiruta, porušena po 33 dnevnem bombardiranju v poletju 2006, proti južnemu Libanonu. Ona išče sina, on po začetnem nezaupanju hmalu zaupa svoje življenske drame. Skupaj doživijo road-movie sneman v živo v strahoti tistega premerja, ki je zrušilo zavest in pokrajino, do grenkega zaključka. Vprašanje ženske (odlična Nada Abou Farhat), je ali je morda preveč terjati pravico do obstoja: v zameno pridobi topel, slučajni človeški odnos (drugi odličen igralec je Georges Khabbaz).
»Pod padajočimi bombami« je dober »dokumentarec«, ki se ne izogiba trgedije, sneman od francosko-libankega režiserja Aractingi, ki slika obraze upanja v razrušeni a še ne premagani deželi.
Maurizio Porro, »Il Corriere della Sera«, 9 maj 2008
Mercoledì 12 novembre 2008 alle ore 20.00,
presso il circolo culturale Ivan Grbec in Via di Servola 124,
il Circolo del cinema Lumière presenta
il film di Philippe Aractingi

“SOTTO LE BOMBE”

con: Nada Abou Farhat, Georges Khabbaz, Rawya El Chab, Bshara Atallah.
Disponibile scheda filmografica; al termine previsto il dibattito.
Ingresso riservato ai soci; tesseramento all’entrata.
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“Sotto le bombe “
di: Philippe Aractingi
con: Nada Abou Farhat, Georges Khabbaz, Rawya El Chab, Bshara Atallah. Francia, Gran Bretagna, Libano - 2007 - 98’
Libano, 2006. All’indomani dell’annuncio del cessate il fuoco tra l’esercito israeliano e i militanti Hezbollah, una donna parte da Dubai alla ricerca disperata della sorella e del figlio.
Assieme al tassista Tony, intraprenderanno un viaggio nel cuore di una terra martoriata.

TEORIA E PRASSI DEL CINEMA

Incontri ravvicinati con il linguaggio cinematografico
3° CORSO DI FORMAZIONE: LA SCENEGGIATURA

Un corso di cinema per spettatori, appassionati e addetti ai lavori

Trieste, 1, 2, 3 novembre 2008
Cinema Ariston - Viale R. Gessi, 14 - Tel. 040.304222
Bus 8-9-15

Il corso è tenuto dal docente di didattica dell’audiovisivo Eugenio Premuda
La partecipazione al corso e alle proiezioni è gratuita

Programma

Sabato 1 novembre 2008
  • Ore 10 - 13 - Il codice di scrittura e le parole visualizzabili (tempi verbali, aggettivazione, cornice tecnica della sceneggiatura cinematografica)
  • Ore 15 – 19 - Le diverse stesure: la sceneggiatura nella catena di montaggio produttiva
  • Ore 21 - Proiezione del film: Il petroliere di Paul Thomas Anderson
Domenica 2 novembre
  • Ore 10 - 13 - La scrittura dei dialoghi. La struttura invisibile: confronto pagina/schermo
  • Ore 15 - 19 - La struttura fluida: scrittura vs montaggio
  • Ore 21 - Proiezione del film: L'incidente di Joseph Losey
Lunedì 3 novembre
  • Ore 10 - 13 - L’adattamento cinematografico: dalla pagina letteraria alla sceneggiatura (tradurre i saperi in azioni). Analisi de L'incidente di Joseph Losey
  • Ore 15 - 19 - Incontro/lezione con il regista Giuseppe M. Gaudino e la sceneggiatrice Isa Sandri. Introduzione al film Giro di lune tra terra e mare
  • Ore 19 – 19:30 - Progetto "Cinema del FVG in Croazia, Serbia, Bosnia Erzegovina" relazione del circolo Lumiere
  • Ore 21 - Proiezione del film Giro di lune tra terra e mare di Giuseppe M. Gaudino con la presenza del regista e della sceneggiatrice
Organizzazione: Circolo Lumiere – Trieste
Con la collaborazione di: Federazione Italiana Circoli del Cinema; Centro Regionale FICC per il Friuli Venezia Giulia e l'Istria; Cooperativa VOLI
Con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura e il patrocinio e contributo della Provincia di Trieste


Per informazioni: cklumiere@libero.it - Tel. 360 588526